Antonio Barberi


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Massimo Carrà

Critiche

Caro Barberi, sono ormai diversi anni che seguo il suo lavoro pittorico
e, di conseguenza, le ricerche varie nelle quali lei via via si
è impegnato. Uno sperimentalismo che non mi pare sia divagazione
o compiacenza fine a se stessa, ma uso di strumenti espressivi
mutevoli in funzione di uno scandaglio di possibilità differenti.
Senza, cioè, volere strafare o sbalordire.
E perciò sono lieto ora di constatare come la sua opera sia progressivamente
venuta maturandosi in risultati qualitativi di buon
livello, sia sul versante coloristico dal quale lei evidentemente si
sente attratto in modo particolare, sia sul piano di una elaborazione
formale che si va definendo in termini di vivace rapporto fra
dato oggettivo e aspirazione a una personale metafora.
Se dunque la sua pittura ha mostrato nel tempo alcune correzioni
di rotta, ciò mi sembra un fatto positivo; a condizione, certo,
che non siano né estrinseche né casuali. Attraverso queste successive
ricerche che mi paiono corrispondere a esigenze genuine
della sua idea di pittura, voglio dire risultanze di un impulso istintivo
prima ancora che apporti della cultura (che pure non mancano),
lei tende a qualificare - mi sembra - l’arabesco cromatico
come ipotesi non artificiosa di comunicazione; le forze luminose
suscitate da segni, forme e colori mostrano così l’aspirazione a
porsi come fulcro di un concetto pittorico collegato al valore stesso
dell’emozione, e come questo aperto a ogni mutarsi improvviso.
Del resto, tante sono le vie per esser moderni e al tempo stesso
per istituire oggi possibili rapporti con la realtà delle cose e dell’uomo;
proposte e formule contano quello che contano: ciò che
vale è il linguaggio, cioè i valori espressivi immessi nel concreto
dell’opera, in quanto tramiti di vita interiore.
Mi pare, insomma, che la sua visione figurativa abbia più di un
requisito per consentirle un’indagine artistica vivace e attuale. In
questa serie di quadri recenti personaggi e oggetti, o magari solo
evocazioni di personaggi e di oggetti, la loro parte inquietante
nelle dislocazioni formali, non sono certo concepiti come occasioni
narrative, ma piuttosto in quanto elementi intesi a creare
immagini su cadenze e rapporti di forma-colore.
Lei dunque mostra di prendere spunto dal soggetto, un qualunque
soggetto che la sollecita in un dato momento, per renderne
un equilvalente pittorico, grazie a questa non facile equazione
condotta simultaneamente su un dato cromatico, luce e materia,
in un desiderio di andare oltra il puro evento decorativo e ancor
più gli azzardi di eccessive compiacenze edonistiche.
Ed è possibile dedurre, io credo, che lei veda in questo suo linguaggio
la via congeniale per esprimere una scanzonata idea
delle cose, specchio di sensibilità attiva, contemplazione e scrutinio
mentale. In queste sue composizioni dove il colore squilla e
vibra ora tagliente ora sommesso in una materia affinata da un
piacere artigiano, apprezzabilmente si definisce il suo circuito
creativo fra asprezze e dolcezze, impulsi sensuosi e quel suo spontaneo
sconfinare verso il grottesco fra ironia e sovrappiù espressionista.
Che forse è il suo modo di prendere coscienza del vero
nel suo polivalente apparire.
Auguri dunque, caro Barberi, che il suo lavoro documentato da
questa esposizione susciti l’attenzione che merita.

Massimo Carrà.


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